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Successioni e Donazioni transnazionali, holding fra Svizzera ed Italia.

Successioni e Donazioni transnazionali con lo spettro della doppia imposizione fiscale.

Sempre molto problematiche le successioni transazionale, sia sotto il profilo civile che fiscale e non solo fra Svizzera ed Italia, ma anche in ambito europeo, nonostante il regolamento n. 650/2012.

Solo osservando il considerando n.ro 24 del Regolamento, che affianca alla residenza abituale, concetto di non facile definizione, la territorialità dei beni, si ha una applicazione completamente diversa. Se il defunto era cittadino di uno Stato o vi possedeva tutti i suoi beni principali, la sua cittadinanza o il luogo in cui sono situati tali beni potrebbero costituire un elemento speciale per la valutazione generale di tutte le circostanze fattuali, qualora per motivi professionali o economici il defunto fosse andato a vivere in un altro Stato per lavoro, anche per un lungo periodo, ma avesse mantenuto un legame stretto e stabile con lo Stato di origine.

Quando la legge applicabile ad una successione transnazionale sottopone i beni mobili alla legge della abituale del de cuius e rinvia alla legge italiana per la disciplina in particolare dei beni immobili compresi nell’eredità, spesso si verifica l’apertura di due successioni e la formazione di due distinte masse, ognuna assoggettata alle proprie regole di vocazione e di delazione, di validità e di efficacia del titolo successorio, di individuazione degli eredi, di determinazione delle quote, di accettazione e di pubblicità e di tutela dei legittimari. Così Cass. SS.UU. 5.2.2021 n. 2867.

La fattispecie è ancora più complessa sotto il profilo fiscale.

Nonostante che la doppia imposizione sulle successioni e donazioni transnazionali sia un fenomeno alquanto comune, a livello globale il numero di Convenzioni fiscali in materia attualmente in vigore è alquanto limitato.

A norma dell’art. 2 comma 3 del DLgs. 346/90, si considerano esistenti in Italia (e, quindi, sono soggette all’imposta sulle successioni in Italia anche se trasferite dal defunto non residente), le quote e le azioni di società aventi la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale in Italia. Ci si chiede se, in base a tale normativa, risulti dovuta l’imposta sulle successioni italiana sulle quote della società holding estera che controlli integralmente una società italiana, caduta in successione di un defunto non residente in Italia.

L’Agenzia delle Entrate ha attratto all’imposta di successione anche la holding estera sul presupposto che il rapporto di controllo al 100% determinasse una presunta stabile organizzazione della Holding in Italia.

In altri termini il controllo di partecipate italiane territorialmente soggette ad imposta di successione e donazione in Italia presuntivamente, secondo l’Agenzia, sarebbe una “vis” attrattiva per includere anche la holding nell’imposizione italiana.

È ovvio che la presenza di una holding estera vanifica la previsione dell’art. 2 comma 3 del DLgs. 346/90, quando i soci non sono residenti in Italia secondo il Regolamento europeo o secondo la legge italiana.

Secondo la Corte di Cassazione (sentenza 11 giugno 2007 n. 13579) la relazione di controllo tra società non è da sola sufficiente a qualificare come “esistenti in Italia”, ai fini dell’imposta sulle successioni, le quote di una società Svizzera che controlli una società italiana.

Infatti, secondo la Corte, il dispositivo dell’art. 5 comma 6 della Convenzione tra Italia e Svizzera per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito, che esclude che “la semplice relazione di controllo sia motivo sufficiente a qualificare la controllata italiana di società svizzera come una stabile organizzazione dell’altra”, si deve ritenere “rilevante” anche ai fini della controversia sui limiti territoriali dell’imposta sulle successioni e donazioni.

In realtà, però, anche ove vi fosse la prova che la società Svizzera avesse effettivamente una stabile organizzazione in Italia, ciò non basterebbe ad applicare l’imposta di successione sulle quote della società Svizzera lasciate dal socio defunto non residente in Italia.

L’art. 2 comma 3 del DLgs. 346/90 individua, infatti, tre elementi che qualificano le quote come “esistenti in Italia” ai fini dell’imposta sulle successioni: sede legale; sede dell’amministrazione; oggetto principale (che configurano, peraltro, gli elementi della residenza fiscale delle persone giuridiche ai fini delle imposte dirette).

Pertanto, l’imposta di successione potrebbe trovare applicazione alle quote della holding estera lasciate dal defunto non residente ove la holding avesse la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale in Italia. Ma avere una stabile organizzazione in Italia non implica di per sé avere in Italia la sede amministrativa né avere in Italia l’oggetto sociale.

 

 

 

Articolo del Dott. Michele Gentile del 22 ottobre 2023