La sentenza della Corte di Cassazione 8452/2025 ha stabilito la utilizzabilità di prove acquisite in un procedimento penale, per un procedimento fiscale, anche se coperte da una clausola di salvaguardia di uno Stato estero.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8452/2025, ha stabilito che è utilizzabile ai fini dell’accertamento tributario, la prova acquisita tramite rogatoria da uno Stato estero (nel caso specifico, San Marino) anche se tale prova era originariamente richiesta per un procedimento penale e coperta da una “clausola di specialità” che ne limitava l’uso.
Questo significa che se i documenti, acquisiti per fini penali vengono successivamente trasmessi agli uffici delle imposte (ex art. 33 comma 3 DPR 600/73), possono essere legittimamente usati per l’accertamento fiscale.
Secondo la Cassazione la violazione della clausola di specialità o delle convenzioni internazionali non integra la lesione di un “diritto fondamentale di rango istituzionale (costituzionale)”. L’interesse leso è quello all’osservanza delle convenzioni, che non rientra tra i diritti fondamentali protetti ad esempio dall’art. 10 della Costituzione.
Questo orientamento è in continuità con il principio generale per cui l’acquisizione “irrituale” di prove non le rende inutilizzabili, a meno che non vi sia una specifica previsione di legge o, soprattutto, non venga leso un diritto fondamentale di rango costituzionale, come l’inviolabilità della libertà personale o del domicilio. Anche i dati della “Lista Falciani”, acquisiti in modo irrituale, sono stati ritenuti utilizzabili, seppur con valore indiziario.
La pronuncia della Cassazione solleva dubbi alla luce del nuovo art. 7-quinquies della L. 212/2000 (“Vizi dell’attività istruttoria”), introdotto dal DLgs. 219/2023 e applicabile dal 18 gennaio 2024. Questa nuova norma stabilisce esplicitamente che “Non sono utilizzabili ai fini dell’accertamento amministrativo o giudiziale del tributo gli elementi di prova acquisiti in “violazione di legge”.
Se consideriamo poi che è la stessa Cassazione ad ammettere che la prova, nel caso in esame, è stata acquisita “in violazione di un divieto di legge” (quello derivante dalla convenzione/clausola di specialità), il nuovo art. 7-quinquies dovrebbe rendere tale prova inutilizzabile.
Vi è quindi un potenziale contrasto tra la sentenza della Cassazione, che si fonda sul principio che la violazione di convenzioni non è una lesione costituzionale fondamentale e la nuova norma, che sancisce l’inutilizzabilità di prove acquisite “in violazione di legge”, indipendentemente dalla natura del diritto leso, purché non sia un diritto fondamentale che renderebbe la prova inutilizzabile anche prima della norma.
Si ritiene inoltre che il nuovo art. 7-quinquies trovi applicazione anche a prove acquisite illegittimamente, prima della sua entrata in vigore (18/01/2024), in linea con prassi dell’Agenzia delle Entrate su temi simili.
In sintesi, mentre una recente sentenza di Cassazione ritiene utilizzabili le prove da rogatoria estera acquisite in violazione di clausole di specialità (non ritenendola una lesione di diritti costituzionali fondamentali), il nuovo art. 7-quinquies della L. 212/2000, entrato in vigore a gennaio 2024, introduce un principio generale di inutilizzabilità delle prove acquisite “in violazione di legge”, creando un’incertezza sulla disciplina applicabile.
Questo crea incertezza sulla disciplina applicabile in futuri accertamenti che si baseranno su prove acquisite con modalità che, pur non ledendo diritti costituzionali, violano altre previsioni di legge o convenzioni internazionali. Un tema cruciale per la difesa dei contribuenti.
Articolo del Dott. Michele Gentile del 4 maggio 2025