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Compatibilità IVAFE con il diritto UE

Approfondimento degli aspetti critici dell’IVAFE in rapporto alle disposizioni previste dal ditirro dell’UE

  1. Introduzione

Luigi Einaudi nel 1946 scrisse che “l’imposta patrimoniale da introdurre in Italia avrebbe dovuto compiere il miracolo di mutare a fondo la psicologia del contribuente”. Forse è per questa  ragione che ancora oggi si continua a parlare di introdurre una tassazione patrimoniale, ma spesso ci si dimentica che forme di tassazione di tal specie esistono già per alcune parti del patrimonio, ad esempio per quelle riferite ad attività immobiliari e finanziarie estere. La Legge di stabilità 2013, giustificata da esigenze di coerenza del sistema, dapprima dal legislatore italiano ed in seguito dai successivi interventi di prassi, introdusse l’imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero (di seguito IVAFE), una nuova imposta sulle attività finanziarie, dovuta dalle persone fisiche residenti in Italia proprietarie o titolari di diritti reali su attività finanziarie, detenute fuori dal territorio nazionale. La norma nacque fondamentalmente per eliminare le disparità di trattamento tra attività finanziarie detenute in Italia ed attività finanziare detenute all’estero.

L’obiettivo finale era quindi quello di equiparare la tassazione nazionale dei prodotti finanziari detenuti in Italia, per i quali era prevista l’applicazione di un’imposta di bollo, ai sensi dell’articolo 13, commi 2-bis e 2-ter, della Tariffa, Allegato A, Parte Prima, del Decreto del Presidente della Repubblica (di seguito D.P.R.) n. 642/1972, alla tassazione riservata a quelli detenuti all’estero. Purtroppo però l’introduzione dell’IVAFE al posto di eliminare le disparità, come si auspicava, ne creò addirittura delle ulteriori. La più eclatante fu quella inerente al presupposto d’imposta, che per l’IVAFE era più ampio rispetto a quello considerato per la corrispondente imposta di bollo.

Difatti, fino allo scorso anno, nella base imponibile dell’IVAFE erano compresi sia i prodotti finanziari (conti correnti, libretti al portatore) sia le attività finanziarie (titoli, azioni, eccetera),
costituendo così un’iniqua differenza con l’imposta di bollo italiana, dovuta soltanto sui prodotti finanziari. Proprio questo aspetto, secondo i rilievi effettuati dalla Commissione europea,
nell’ambito della procedura Eu Pilot 5095/12/Taxu, costituiva una violazione della libertà di circolazione dei capitali, sancita dall’articolo 63 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (di seguito TFUE) e dall’articolo 40 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo (di seguito SEE).

Dal 25 novembre 2014 è in vigore la nuova legge sull’IVAFE, contenuta nell’articolo 9 L. n. 161/2014, che di fatto rappresenta un’armonizzazione con la disciplina dell’Unione europea (di
seguito UE). La cosiddetta Legge europea-bis 2013, a partire dal periodo di imposta 2014, modifica l’articolo 19, commi 18, 20 e 21 del Decreto Legge (di seguito D.L.) n. 201/2011 e restringe
l’ambito oggettivo di applicazione dell’IVAFE per far fronte ai rilievi mossi dalla Commissione europea.

La nuova IVAFE viene equiparata all’imposta di bollo sulle attività finanziarie detenute in Italia e si calcola applicando un’aliquota del 2 per mille ai prodotti finanziari, mentre su conti correnti e libretti è prevista un’imposta fissa pari a 34.20 euro, assoggettabile sempreché il valore medio di giacenza annuo degli stessi, sia superiore a 5’000 euro.

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G&J Consulting - Valentina Gentile

 

 

Articolo di Valentina Gentile, pubblicato sulla rivista Novità Fiscali, Centro competenze tributarie, SUPSI, nr. 2, febbraio 2016.

Estratto Novità Fiscali 2/2016